Prima chiamata alla Teodora Tango Marathon

Arrivo e dentro già si balla, l’ingresso è un po' affollato, sento distintamente parlare in francese, tedesco e inglese. L’Almagià, il vecchio magazzino di stoccaggio dello zolfo nel porto di Ravenna, trasformato in centro culturale multiforme, con le sue pareti di mattone rosso, i colonnati laterali e l’alto tetto in travi, mi accoglie. La musica è diffusa senza distorsioni e più della metà del pavimento è coperto da parquet, sistemato a terra per l’occasione. Mi dirigo allo spogliatoio, tutti si salutano, sorrido e saluto anche io le persone che incontro. Anche se non è la prima volta, sono emozionato, arrivo alla pista, uno sguardo, un sorriso, un gesto di intesa e inizia da subito la mia maratona. Nei rari momenti che mi guardo intorno, oltre al mio abbraccio, noto l’onda, un fenomeno raro in Milonga, dove le coppie si muovono, accelerando e rallentando quasi all’unisono. E’ l’effetto “passione tango”! Devi avere un rapporto speciale con il tango, per chiuderti in un vecchio magazzino per tre giorni a ballare, in alcuni casi anche a migliaia di chilometri da casa. Devi avere un drago interiore che ti brucia e che ti spinge a ricercare ossessivamente la tanda perfetta per farlo e questo tormento alza tra tutti i presenti il livello di ballo. Il tango accoglie e si adatta a tutti, si muove tra le membra dei ballerini, accomodandosi con la loro fisicità e così nella pista ognuno presenta il suo tango, la sua capacità di interpretare la musica e di folleggiare tra le melodie e la ritmica, mettendo al centro del suo mondo, per una tanda, un altro essere umano. Ogni coppia cerca l’intesa assoluta e sembra dire, guardateci, siamo in pista e questo è il nostro tango, non sarà perfetto, non sarà tecnico, non sarà pulito, ma è il nostro tango, ci appartiene ed è la magia unica che due persone riescono a creare in un abbraccio. 

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