Nel tango una parola è poco, ma due, sono troppe!
All’inizio del mio personale
percorso di ricerca del tango, mi sentivo in dovere, tra un brano e l’altro o
alla fine della tanda, di comunicare verbalmente con la ballerina che avevo
invitato.
Lentamente ho elaborato un nuovo
atteggiamento, sull’opportunità o meno di parlare in milonga; il tango è di per
se un linguaggio, perché svilirlo ed inquinarlo aggiungendo un altro linguaggio.
Durante l’elaborazione del mio pensiero filosofico tanguero, il colpo di grazia, al mio ciarlare in milonga, me
l’ha dato una mala figura colossale che ho collezionato. Una sera, in una
milonga, ho notato una ballerina che non ha toccato pista, scansata
accuratamente da tutti i maschi indigeni presenti. Verso la fine della serata,
ho fatto la mia mirada e abbiamo iniziato a ballare, convinto che fosse stata evitata
perché, o poco conosciuta o principiante. Invece, stupore, la ballerina è molto
brava e leggera, forse un pò troppo austera. Io, tra un brano e l’altro parlo e mi presento e a conclusione
della tanda, mi produco in un elogio smisurato, dicendole chiaramente che la
ritengo molto brava. Lei mi ha guardato con fare sospettoso, ma non mi ha detto
nulla. La settimana dopo, in una milonga, scopro che la maestra bravissima e
conosciutissima che sta sovraintendendo l’evento, è la mia sconosciuta ballerina
… e io mi sento un perfetto idiota.
Oggi ho smesso di parlare in
milonga, il mio tango, seppur modesto, deve parlar per me e mi limito a
rispondere verbalmente solo a domanda diretta. Non parlare in milonga può far
sembrare stupiti, farlo, può togliere ogni dubbio!
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